Carciofo Violetto di San Luca

Nella prima metà del secolo scorso il carciofo di San Luca era una delle coltivazioni principali sulle colline a sud di Bologna. I carciofi violetti sono molto diffusi anche nel territorio romagnolo, ma la coltivazione nei terreni argillosi della collina bolognese conferisce alla varietà di San Luca un sapore fresco, erbaceo con note che tendono alla radice di liquirizia. Grazie a queste caratteristiche, raccontano gli anziani, un tempo il carciofo di San Luca era apprezzato e conosciuto in tutta la regione e rappresentava una fonte di reddito importante per gli agricoltori locali.
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Con lo spopolamento delle campagne degli anni’70 è iniziato anche l’abbandono di questa varietà.
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La parte pregiata sono i capolini principali e secondari che vengono raccolti tra metà maggio e metà giugno. Come per la maggior parte dei carciofi, la riproduzione avviene per via agamica, cioè non attraverso il seme, ma grazie ai numerosi getti laterali chiamati cardetti o carducci, che, una volta asportati, generano una nuova pianta. Per questo motivo, il prezioso lavoro di conservazione dei contadini ha tramandato un prodotto molto simile a quello coltivato nel secolo scorso.
I carciofi di San Luca si mangiano freschi o appena lessati e conditi con olio extravergine e sale, ma possono anche essere messi sott’olio o trasformati in creme e patè. Anche i carducci, i polloni in eccesso che vengono staccati dalla pianta in autunno e all’inizio della primavera (con la “scarducciatura”), sono ingrediente di diversi trasformati.

La parte pregiata sono i capolini principali e secondari che vengono raccolti tra metà maggio e metà giugno; hanno dimensioni contenute e un caratteristico colore violetto. Il ciclo vitale della pianta inizia a settembre e arriva sino al luglio successivo. Il carciofo apprezza suoli argillosi con un buon drenaggio: i terreni devono essere mantenuti soffici e areati.

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