Le foglie di molte specie di piante cadono in autunno (per questo motivo piante definite «caducifoglie») per un preciso scopo, ovvero come meccanismo di difesa contro il gelo invernale che ne distruggerebbe le tenere cellule. Il distacco è un meccanismo che interessa le pareti cellulari della zona che si trova tra il ramo e il picciolo fogliare. Il tessuto di separazione che si forma è uno strato di cellule originate dal deposito di apposite sostanze, le suberine, che formano un piccolo strato di sughero.
L’erba medica è stata chiamata la “regina delle foraggere”, definizione certamente meritata. Si è generalmente d’accordo nel ritenere l’Asia Sud occidentale come il più probabile centro di origine dell’erba medica e la sua coltivazione come pianta da foraggio può essere fatta risalire ad oltre 2000 anni fa. Essa era infatti conosciuta da Greci e Romani. Principale centro di diffusione della sua più recente espansione sarebbe stata la Spagna, dove pare fosse stata reimpostata dagli Arabi agli inizi dell’VIII secolo. Si stima che l’area totale coltivata a medica sia approssimativamente di 15 milioni di ettari. In Italia è coltivata in Emilia Romagna, (più della metà della superficie totale italiana), segue la Lombardia, Marche, Lazio, Umbria, Abruzzo, Toscana, Veneto e Campania.
La coltura plurisecolare dell’erba medica in ambienti variamente caratterizzati dal punto di vista podologico, climatico e fitosanitario e l’impiego ripetuto dal seme ottenuto in loco aveva col tempo determinato la formazione di ecotipi, dotati di caratteristiche assai apprezzabili di adattamento e di produttività. Recentemente sono state costituite, seguendo metodi di selezione diversi, varietà migliorate, che presentano particolari pregi di produttività, di resistenza alle avversità, di durata, di rapidità di ributto dopo i tagli. Dal 2000 il commercio di semi di erba medica è limitato alle varietà selezionate, con esclusione degli ecotipi. Nell’anno di semina la produzione è scarsa. La piena produttività si raggiunge nell’anno successivo alla semina, al 3° anno la produzione comincia a declinare per progressivo diradamento. Al momento in cui si scende sotto le 100 piante a metro quadro il medicaio deve essere rotto perché la sua resa è compromessa. Nel corso dell’anno il medicaio fornisce il suo prodotto, l’erba, in parecchi tagli: da un minimo di 2, nel caso di clima e terreno aridi, a 4-5 in condizione irrigua o di notevole freschezza; casi limite si hanno nelle colture irrigue delle zone subtropicali (oasi dei deserti) dove il medicaio, vegetando tutto l’anno, dà fino a 10-12 tagli di erba molto giovane. Lo stadio vegetativo ottimale per il taglio è a fioritura iniziata da qualche giorno.
“Il Matto delle Giuncaie” è un vino di grande pregio, ottenuto da uve sangiovese di un unico cru, che viene fatto maturare 12 mesi in piccole botti di rovere francese e poi affinato per almeno 3 mesi in bottiglia. Vino Il Matto delle Giuncaie http://www.newsfood.com La villa Medicea di Dianella risale alla fine del XVI […]
A Constellation Brands il 100% di Ruffino: Il gruppo statunitense Constellation Brands ha annunciato lo scorso 6 ottobre di aver assunto il controllo totale della casa vinicola italiana Ruffino, dopo aver acquisito da Mpf International la quota restante del 50,1% con un investimento di circa 50 milioni di euro (69 milioni di dollari) per il […]
Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter […]
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La “Banca nazionale delle terre agricole” (di seguito, Banca), istituita dall’art. 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154, costituisce l’inventario completo dei terreni agricoli che si rendono disponibili anche a seguito di abbandono dell’attività produttiva e di prepensionamenti, raccogliendo, organizzando e dando pubblicità alle informazioni necessarie sulle caratteristiche naturali, strutturali ed infrastrutturali dei medesimi, sulle modalità e condizioni di cessione e di acquisto degli stessi. La Banca, gestita da ISMEA, opera a livello nazionale e le modalità di vendita sono regolate dai criteri pubblicati e vigenti al momento dell’avvio della procedura competitiva.
Ci sono campi da seminare, ma anche boschi, pascoli, frutteti e vigneti. Ora la domanda è: chi offre di più per accaparrarseli? Perché il meccanismo è proprio quello dell’asta. In ballo ci sono 19.800 ettari distribuiti in tutt’Italia, e oltre 1.050in Emilia-Romagna. A metterli all’asta è la quinta edizione della banca nazionale delle terre agricole-ismea aperta dallo scorso 7 marzo. “La banca nazionale delle terre agricole nasce per agevolare l’incontro tra domanda e offerta di terra, con un’attenzione particolare rivolta ai giovani under 41” che possono pagare il prezzo del terreno a rate, a tasso fisso e fino a 30 anni, spiega la direttrice generale di Ismea, Maria Chiara Zaganelli.
L’obiettivo è sostenere gli investimenti per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica in ambito agricolo, escludendo totalmente il consumo di suolo. L’intervento prevede, infatti, l’installazione di pannelli fotovoltaici sulle coperture degli edifici ad uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale, puntando a raggiungere l’installazione di pannelli fotovoltaici su una superficie complessiva pari a 4,3 milioni di mq per 0,43 GW, e contribuendo così ad aumentare la sostenibilità e l’efficienza energetica del settore.
Una volta terminata la potatura, corta o lunga che sia, è necessario ancorare la vite ai supporti dell’impianto (tutori, pali, fili) mediante opportune legature per evitare che il vento forte possa spezzare la pianta e per agevolare la vite nel mantenere la forma di allevamento scelta. È importante che la legatura sia quanto più possibile aderente al palo/tutore e che sia “dolce”, ovvero non troppo stretta (per evitare che la sfregatura possa danneggiare il legno) e senza strozzature. La legatura può essere effettuata con diversi materiali: plastica, rafia, biodegradabile ed altri. Per ovvii motivi ambientali, ma anche estetici, è preferibile utilizzare fili biodegradabili, al massimo la rafia, escludendo del tutto l’uso della plastica. Ma la scelta ecosostenibile per eccellenza è un’altra ed è rappresentata dal ramo di salice in quanto biologico e biodegradabile, ma anche sicuro in quanto, essendo vegetale, avvolge dolcemente la pianta senza provocarle danni di alcun tipo.
Il filare
La legatura
A novembre i contadini raccoglievano i rami rossi dei salici (i cosiddetti stropari) piantati lungo i fossi di drenaggio e la sera, dopo cena, ci si sedeva in casa e si faceva una cernita: da una parte la stropa, il corpo centrale del ramo, grosso e flessibile, dall’altra i stropeini, i rametti sottili che partivano dalla stropa. Successivamente si andava nel vigneto e si usavano i stropeini per legare i tralci della vite ai fili di ferro, mentre la stropa veniva impiegata per legare il fusto. La vite infatti è una pianta rampicante, e se non viene addomesticata cresce storta.
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