“negozio delle risorse” Ressourcerie

 Ressourcerie

Ed ecco un post  interessante che taglio da architetturaecosostenibile , un progetto “ecologico”e di utilità sociale, direi, che trasforma in attività imprenditoriale con un guadagno sicuro e giusto di ambe le parti, questo modello di “centro di raccolta, oasi ecologica”, in opportunità per creativi volenterosi ed utopisti.  Chissà se questa sorta di Franchising potrà prendere piede anche qua in Italia, invasa da Mercatini, Mercatopoli, Mercato del prete e chi più ne ha più ne metta, senza essere trasformata nell’ennesima operazione Radical Chic, vedremo! Tutte le persone di buona volontà creativa ringrazierebbero l’avvento: intanto questa iniziativa parigina, (madre del Radical Chic, n.b) è degna di nota.

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di Giuseppina Ascione

“Oggi si parla tanto di necessità di trasformazione economica e di nuove dinamiche sociali da inserire nel mercato del lavoro, e allora perché non elogiare un’iniziativa imprenditoriale che sembra essere la giusta risposta anche al problema ecologico? Vogliamo qui parlare della diffusione in Francia, e soprattutto a Parigi, di un nuovo tipo di negozio: la “ressourcerie”. La traduzione letterale del termine “negozio delle risorse”, e, malgrado l’affinità del suono con termini quali boulangerie o patisserie ci colleghi a deliziosi prodotti alimentari, quello che questo luogo rappresenta è invece qualcosa che si avvicina molto al centro di raccolta dell’usato. Paragonarlo però al classico mercatino delle pulci o ad organizzazioni come “Salvation Army” potrebbe essere molto riduttivo, perché gli oggetti che qui si raccolgono, seppur attraverso donazioni, vengono per la maggior parte reinventati e riproposti in nuovi tipi di assemblaggio e con prezzi accessibili. I risultati finali sono a volte strabilianti e apprezzabili soprattutto se la stravaganza rientra nel gusto del cliente: nel guardare le vetrine è molto probabile imbattersi in lampade da tavolo fatte di bottiglie di plastica, oppure porta-ritratto realizzati con palle da tennis, o anche cornici per specchi fatti da pneumatici riciclati.

Tale fenomeno, analizzato maggiormente nel suo aspetto organizzativo, e mettendo da parte le considerazioni sulla qualità dei prodotti finali, potrebbe diventare un interessante modello imprenditoriale slegato dalle logiche di mercato tradizionale, perché in questo caso il ciclo produttivo si alimenta con il contributo dello stesso consumatore, secondo un processo continuo ed inesauribile, in cui tutti i soggetti coinvolti traggono vantaggi, e che elimina a priori il problema logistico della distribuzione. Inoltre, non è da sottovalutare l’effetto educativo sulla formazione eco-responsabile del cittadino e la sua attiva partecipazione alla salvaguardia dell’ambiente. Trasferire tale modello anche sulla produzione di oggetti di maggior valore e necessità non è nemmeno un’utopia anzi, in alcuni casi, è già realtà. Un esempio è fornito proprio dalla “Interloque Ressourcerie”, che raccoglie tra le varie cose anche computer datati, per poi ripararli e creare uno strumento molto più economicamente abordabile qualora se ne richieda un uso semplificato.

di Giuseppina Ascione

su Architettura Ecosostenibile  Curiosità  varie  La Ressourcerie: il negozio delle risorse. Un modelloimprenditoriale basato sul recupero.

http://interloque.com/ressourcerie1.htm

“MEDIAMENTE UNA MARCA VALE IL 50% DEL VALORE DI UNA AZIENDA …”

ANCHE PER IL MARKETING DEL VINO FONDAMENTALE È LA “MARCA”. COSTRUZIONE E VALORIZZAZIONE DEL BRAND ALLA BASE DEL SUCCESSO AZIENDALE
E’ il concetto di “brand” quello che resta il più importante fondamento del marketing e anche del marketing del vino. L’importanza della “marca”, della sua costruzione, della sua diffusione e della sua valorizzazione è alla base di ogni successo aziendale sui mercati sia in Italia che all’estero. “Mediamente – ha spiegato Giampiero Bertolini, Sales & Marketing Director della griffe toscana Frescobaldi – una marca vale il 50% del valore di una azienda. Lavorare sulla forza della marca non è una questione estetica ma è una attività che richiede programmazione e metodo. Per questa via è possibile costruire una marca forte a prescindere da grandi investimenti in comunicazione, ragionando solo in termini di esperienza e lavorando di fino sui contenuti, sui destinatari e sulle modalità”.
Un concetto ribadito anche da Riccardo Illy, presidente del gruppo Illy, è recentemente entrato nel mondo del vino con l’acquisizione della azienda vinicola Mastrojanni di Montalcino, nel seminario di San Michele all’Adige, oggi, sul marketing del vino, promosso dalla Fondazione Edmund Mach: “ogni azienda – ha detto Illy – deve avere qualcosa da raccontare, risulta importante, pertanto, cercare quegli elementi della terra o di quei vitigni che si possano prestare a costruire una storia”
Un presupposto indispensabile per tutte le aziende, grandi e piccole, è la coerenza tra prodotto, obiettivo, missione e ogni singola azione compiuta, inclusa quella dei dipendenti e del titolare. Un fattore troppo spesso trascurato e che Hervé Remaud, docente di wine marketing al Bordeaux Ecole de Management, ha indicato essere un fondamentale elemento “del processo di costruzione di un brand valido anche per i piccoli marchi” che, notoriamente “soffrono due volte: un numero ridotto di persone li acquista e generalmente li acquista meno spesso. Questo fenomeno – ha aggiunto -è conosciuto come regola del doppio rischio. Di conseguenza la prima regola per ottenere il successo del brand è massimizzare la disponibilità fisica di prodotto per raggiungere la più ampia base di consumatori”.
 

 

“La Terza rivoluzione industriale”.

“Is not Utopia!”




Jeremy Rifkin a Roma

La piccola vacanza romana di Jeremy Rifkin è stata molto più intensa di quello che si poteva supporre. Il guru eco-economista statunitense non è venuto a Roma solo per farci la lectio magistralis sulla sostenibilità, in occasione dell’uscita del suo libro “La Terza rivoluzione industriale”.
Ha cominciato martedì scorso a distribuire premi dono al Tri Awards, riconoscimenti per l’impegno a sostegno della Terza Rivoluzione Industriale promossa dal Cetri-Tires (Circolo Europeo per la Terza Rivoluzione Industriale). Fra gli insigniti, oltre al fedelissimo professore (già preside della facoltà di Architettura di Roma La Sapienza) Livio De Santoli, un emozionato e redivivo Pecoraro Scanio, ex ministro dell’Ambiente.
Quindi ieri mattina è stato ricevuto con tutti gli onori da Alemanno, al Campidoglio, anche per fare un punto sul famoso Master Plan di sviluppo per una capitale autosufficiente e sostenibile.




Qualcuno comincia a sospettare che dietro questi giri di valzer fra elementi così apparentemente lontani, ci sia più di una convergenza di vedute esclusivamente socioecologiche. Aggiungete la questione politica nostrana, in gravidanza isterica da quasi un anno per il parto partitico di un terzo polo, magari trasversale, sicuramente (e necessariamente) attento ai voti del referendum su nucleare ed acqua pubblica.

Alemanno, sindaco di Roma che vuole le Olimpiadi, ingegnere ambientale e quel che resta dei Verdi italici sembrano più una formazione per il fantacalcio che altro, ma le parole di Rifkin di forte contenuto politico, lasciano aperta qualsiasi teoria, che potrebbe prevedere l’ingresso trasversale anche di imprenditori carimastici:

In Italia ci sono troppi ostacoli all’interno del sistema politico e di quello industriale, ma il vostro Paese, insieme alla Germania può guidare questo nuovo movimento, per due motivi: avete le Regioni, che sono molto potenti, e il movimento delle piccole e medie imprese più creativo del mondo.


In serata, comunque, al Teatro Valle occupato e pieno, quello che doveva essere l’incontro in gran segreto (a porte chiuse senza pubblico!) con noi blogger è stato invece una grande assemblea aperta al pubblico dove di fatto, dopo aver “ricaricato le pile”, sic!) Jeremy e il suo team ci hanno di nuovo spiegato come e perché dobbiamo credere nella rivoluzione.

Per carità, i primi ad essere sollevati dal ruolo di cospiratori rivoluzionari siamo stati proprio noi, presunti esponenti della controinformazione del popolo della Rete. Anzi, diciamola tutta, questa nuova mossa di marketing comunicativo (già vissuta con Al Gore) per cui veniamo convocati stile “carbonari” per essere informati di cose che rimbalzano in ogni agenzia e redazione ci comincia un po’ a stufare. Non siamo una categoria, per fortuna.

Rifkin ha quindi tenuto la sua ennesima lezione, con passione e cuore, dopo aver tenuto a ringraziare la giovane platea per la giornata internazionale del 15 Ottobre. Ebbene, anche qui, leggero brusìo in sala. Pur condividendo il senso delle parole dell’americano (Dove sono i giovani? Congratulationes), e della potenziale forza generazionale della missione, un sospiro da lacrimogeno urticante ha percorso rapidamente la sala che ricordava quel pomeriggio in città.


In effetti pare ci sia stato un incontro anche con una sorta di rappresentanza degli indignados romani, ad ogni modo, Rifkin ha poi insistito nella spiegazione teorica dell’attuazione della 3a Rivoluzione.

Partendo dai danni della storica scelta petrolifera e dal suo prossimo esaurimento (dovuto anche ai problemi logistici oltre che dall’irruzione cinoindiana alla poppa da succhiare), passando attraverso i visibili e drammatici cambiamenti climatici dovuti all’aumento della temperatura, Rifkin prevede un’ estinzione di massa del 70%. Ma come dice sua moglie stiamo qui a scrutarla “come se fossimo addormentati”.

Cosa fare allora? La grande Rivoluzione deve costruirsi sul piano reciproco di due modelli innovativi. Quello energetico delle fonti rinnovabili e quello della comunicazione globale. L’elemento importante di entrambi questi modelli è il loro decentramento. Essi non vengono imprigionati da una logica distributiva centralista. Anzi, l’esatto contrario. Ecco perché Rifkin parla di “Potere Laterale”, quello appunto di Internet, che ha dimostrato come è il 99%. A condurre l’informazione e lo scambio, non quel 1% di privilegiati che gestiscono ancora il sistema centrale.

I cinque pilastri di questa nuova ricostruzione socioeconomica: 1 – L’uso delle energie rinnovabili, energie distribuite, che si trovano in ogni giardino, completamente diverse dal petrolio e dai combustibili fossili, che invece sono energie specifiche. 2 – La conversione degli edifici in piccole centrali elettriche, proprio attraverso le rinnovabili, intervento che creerà migliaia di posti di lavoro (cita Jobs e la microinformatica ora di largo consumo). 3 – Lo stoccaggio di energia verde con l’idrogeno. 4- La creazione di una rete energetica di nodi interconnessi, simile a Internet. 5- Il trasporto e l’utilizzo di veicoli elettrico e a idrogeno.

Tutte misure devono essere però strettamente collegate. Rifkin ama un’altra analogia, quella della crisi delle grandi compagnie musicali contro il file sharing, l’errore di percorrere la propria strada in solitaria, tentando di conservare il ruolo del monopolio. E ci conforta nel ricordarci che la nostra (?) è già la Generazione della Biosfera. Quella della riconciliazione con l’Ambiente. Perché i bambini (anche quelli italiani?) ammoniscono i propri genitori sui consumi …



“Is not Utopia!” Insomma. La missione non sarà facile. Ce lo conferma anche, di nuovo De Santoli, che ci spiega però come tutto ciò che abbiamo ascoltato già esiste, basta informarsi. Di come dovremmo smettere di gestire anche un incontro così tra cattedra-palco ed assemblea-coro muto. Di Wikipedia orizzontale contro l’obsoleto Illuminismo verticale. Eppure le domande non si riescono proprio a fare, ci sarebbe da notare, ma non si riesce ad alzare la mano.

Che poi tutto sia ancor più difficile lo si intuisce anche dall’intervento polemico di Giuseppe De Marzo di Rigas, che fa capire senza mezzi termini di essere contro la Green Economy, perché l’aumento dei consumi viene anche dalla sostituzione delle fonti. Perché non basta fare l’auto a vapore se poi si produranno miliardi di macchine o campi di pannelli solari. Ecco fatto. Se la teoria dell’emancipazione sociale vuol ribaltare totalmente il modello capitalista, si ha la sensazione che la Terza Rivoluzione, almeno in termini di giustizia sociale, parta con un po’ di consueto spaccamento già al giuramento della Pallacorda Verde.

Eppure su una cosa ci sembra che non possiamo fare a meno di condividere il parziale ottimismo di Rifkin. Siamo tutti costretti a parlarne. Per lo meno ad ascoltare. Perché il periodo di transizione è già in viaggio da un po’ e gli orizzonti sono molto più vicini di un tempo, luminosi o tenebrosi che siano.

Testo, immagini e video di RondoneR


La Terza Rivoluzione Industriale di Jeremy Rifkin riparte da Roma é stato pubblicato su Ecoblog.it alle 11:48 di venerdì 28 ottobre 2011.

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Rifkin: “La prossima rivoluzione sarà quella ambientale”


Terza Rivoluzione Industriale

Intervista a Jeremy Rifkin di Antonio Cianciullo, da Repubblica, 26 ottobre 2011
«L’Italia ha tagliato drasticamente i suoi bilanci obbedendo alle disposizioni della finanza internazionale. E adesso che succede? Si sente dire che non è credibile perché non ha i fondi per sostenere la crescita. Ma questo è il comma 22, una via cieca. Non si può pensare di continuare a cancellare posti di lavoro e futuro senza che si moltiplichino moti di rivolta come quelli che stanno prendendo piede in Italia e in Grecia. La Germania ha dimostrato che uno sviluppo diverso è possibile. Perché non seguite quella strada?». Jeremy Rifkin, il presidente della Foundation on Economic Trends, è venuto a Roma per presentare il suo ultimo libro, La terza rivoluzione industriale, edito da Mondadori. L’appuntamento doveva essere un momento di confronto accademico, è diventato parte di un’attualità drammatica.
L’austerità dei bilanci è sbagliata?«Non è l’austerità ad essere sbagliata, è la mancanza di un piano di sviluppo che crea i problemi. Per uscire dalla crisi ci vuole una visione del futuro. Bisogna comprendere il nesso fra le tre crisi che abbiamo di fronte, quella finanziaria, quella energetica e quella ambientale. Il carbone e il petrolio, che hanno animato la prima e la seconda rivoluzione industriale, sono in fase di esaurimento, un ciclo di crescita che si pensava come inesauribile è finito. E nel frattempo emergono i danni ambientali prodotti dall’uso dei combustibili fossili perché il carbonio, accumulato sotto terra in milioni di anni e rilasciato all’improvviso in atmosfera, sta modificando il clima».
Insomma abbiamo tre crisi invece di una.«Ma la somma delle tre crisi offre una possibile soluzione. A patto di sostituire la speranza alla paura, di abbandonare la logica dei divieti e di guardare all’obiettivo da raggiungere: far decollare le aziende impegnate nell’edilizia sostenibile, nelle fonti rinnovabili, nelle telecomunicazioni, nella chimica verde, nella logistica a emissioni zero, nell’agricoltura biologica. La difesa dell’ambiente è un formidabile motore di sviluppo e di occupazione, non un peso: in Italia può dare centinaia di migliaia di posti di lavoro».
Eppure in molti, dovendo tagliare le spese, fanno cadere la scure proprio sugli investimenti ambientali: il governo italiano era arrivato a ridurli del 90 per cento.«Vuol dire tagliare via il futuro, restare impantanati. Bisogna fare il contrario: traghettare l’economia dalla parte del nuovo perché siamo nel mezzo di un passaggio epocale, il salto dalla seconda alla terza rivoluzione industriale. Il nuovo modello si basa su cinque pilastri: le fonti rinnovabili; la trasformazione delle case in centri di produzione di energia grazie alle micro centrali domestiche; l’idrogeno per immagazzinare l’energia fornita dal sole e dal vento durante i momenti di picco; la creazione delle smart grid, che sono l’Internet dell’energia; le auto con la spina. È una rivoluzione che si completerà entro la metà del secolo».
Tempi lunghi, non scoraggiano gli investimenti immediati?«No, perché il processo è già iniziato e sia i pericoli da evitare che i vantaggi da ottenere sono presenti qui e ora. Dagli anni Settanta a oggi il numero degli uragani più gravi è raddoppiato. E nell’agosto del 2008, per la prima volta da 125 mila anni, si poteva navigare attorno al Polo Nord perché i ghiacci si erano fusi».
E i vantaggi?«Faccio un paio di esempi. Rendere più efficienti le case negli Stati Uniti costerebbe 100 miliardi di dollari l’anno ma permetterebbe di risparmiare energia per 163 miliardi di dollari l’anno. E la mobilità, nell’era in cui l’attenzione si sposta dalla proprietà all’accesso alle reti, offre analoghe opportunità. Zipcar, la più importante società di car sharing, in un decennio di attività ha aperto migliaia di sedi per mettere le auto condivise a disposizione dei suoi clienti: cresce del 30 per cento l’anno e nel 2009 ha fatturato 130 milioni di dollari».
Non c’è il rischio che questa prospettiva affascini i paesi più industrializzati, mentre gli altri continuano a produrre e inquinare sulla vecchia strada?«La cronaca ci racconta una storia diversa: in Cina si moltiplicano le battaglie per conquistare uno spazio libero all’interno delle reti globali, in Nord Africa abbiamo visto che dittature brutali sono state rovesciate attraverso il tam tam dei social media. Il potere laterale, cioè il diritto all’accesso alle reti dell’informazione e dell’energia è la nuova frontiera capace di mobilitare la generazione di Internet. Oggi lo scontro non è tra destra e sinistra ma tra un modello accentrato, autoritario e inefficiente e un modello basato sul decentramento, sulla trasparenza e sulla libertà di accesso alle reti».
(27 ottobre 2011)

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Milano 2015 – Expo e non solo

Tutto Food

Appuntamento imperdibile 

L’Expo 2015 sarà organizzata dalla città di Milano tra il 31 marzo e il 23 novembre 2015.

Il tema proposto per la Expo è Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, e vuole includere tutto ciò che riguarda l’alimentazione, dal problema della mancanza di cibo per alcune zone del mondo, a quello dell’educazione alimentare, fino alle tematiche legate agli OGM.

Milano è stata già sede dell’Esposizione Internazionale nel 1906 con il tema dei Trasporti.

Consigliato da noi:


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Una riflessione domenicale nel calice di Sassicaia, luoghi di poesia

 Tenuta San Guido,   Il vino e il suo tempo




I vigneti della Tenuta San Guido che si estendono su una superficie complessiva di circa 70 ettari hanno la particolarità di essere suddivisi in varie zone scelte all’interno della tenuta per le particolari caratteristiche sia di esposizione che di composizione del terreno.
I vigneti denominati Castiglioncello, Doccino e Quercione si trovano nella parte collinare dell’azienda ad un’altitudine che varia dai 200 ai 300 metri s.l.m.; i vigneti San Martino e Mandriolisubito a ridosso delle colline nella zona centrale della Tenuta mentre i vigneti Sassicaia ed Aianova sono situati più in basso ad un’altitudine sul mare di circa 80 metri.
Il clima, influenzato dalla vicinanza sul mare e dalle colline retrostanti che formano una barriera protettiva dai venti settentrionali, ha un’influenza determinante per una corretta e sana maturazuone delle uve.
I vigneti, allevati a cordone speronato, producono circa 55-60 Q.li di uva per ettaro. La tipologia delle uve è suddivisa per l’85% da Cabernet Sauvignon e per il restante 15% da Cabernet Franc.
La vendemmia inizia di norma entro la prima decade di Settembre.
La fermentazione alcolica si prolunga per circa 12-14 giorni seguita dalla fermentazione malolattica che si esaurisce entro il mese di Ottobre. Il vino viene di seguito messo ad invecchiare in barriques di rovere Francesi per circa 24 mesi, per poi essere imbottigliato per un ulteriore affinamento in bottiglia di 6 mesi presso le nostre cantine prima della messa in commercio.

Bolgheri e il Viale di Cipressi
della poesia

Davanti San Guido

di Giosuè Carducci


        I cipressi che a Bòlgheri alti e schietti
van da San Guido in duplice filar,
quasi in corsa giganti giovinetti
mi balzarono incontro e mi guardar.
5 Mi riconobbero, e – Ben torni omai –
bisbigliaron ver me co ‘l capo chino –
perché non scendi? perché non ristai ?
Fresca é la sera e a te noto il cammlino.

Oh siéditi a le nostre ombre odorate

10 ove soffia dal mare il maestrale :
ira non ti serbiam de le sassate
tue d’una volta: oh, non facean già male!

Nidi portiamo ancor di rusignoli:
deh perché fuggi rapido cosi ?

15 Le passere la sera intreccian voli
a noi d’intorno ancora. Oh resta qui! –

– Bei cipressetti, cipressetti miei,
fedeli amici d’un tempo migliore,
oh di che cuor con voi mi resterei

20 guardando io rispondeva – oh di che cuore !

Ma, cipressetti miei, lasciatem’ire:
or non è più quel tempo e quell’età.
Se voi sapeste!… Via, non fo’ per dire,
ma oggi sono una celebrità.

25 E so legger di greco e di latino
e scrivo e scrivo, e ho molte altre virtù:
non son più, cipressetti, un birichino,
e sassi in specie non ne tiro più.

E massime a le piante.- Un mormorio

30 pe’ dubitanti vertici ondeggiò,
e il dì cadente, con un ghigno pio,
tra i verdi cupi roseo brillò.

Intesi allora che i cipressi e il sole
una gentil pietade avean di me,

35 e presto il mormorio si fé parole:
– Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’.

Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
che rapisce de gli uomini i sospir,
come dentro al tuo petto eterne risse 

40 ardon, che tu né sai né puoi lenir.

A le, querce ed a noi qui puoi contare
l’umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come Pacato e azzurro è il mare,
come ridente a lui discende il so !

45 E come questo occaso è pien di voli,
com’è allegro de’ passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire.

Rimanti; e noie dimani a mezzo il giorno,

50 che de le grandi querce a l’ombra stan
ammusando i cavalli e intorno intorno
tutto è silenzio ne l’ardente pian,

ti canteremo noi cipressi i cori
cha vanno eterni fra la terra e il cielo:

55 da quegli olmi le ninfe usciran fuori
te ventilando co ‘l lor bianco velo;

e Pan l’eterno che su l’erme alture
a quell’ora e ne i pian solingo va,
il dissidio, o mortal, de le tue cure

60 ne la diva armonia sommergerà. –

Ed io – Lontano, oltre Apennin, m’aspetta
la Tittì – rispondea -; lasiatem’ire.
È la Tittì come una passeretta,
ma non ha penne per il suo vestire.

. . . . .
. . . . .
. . . . .
. . . . .

65 – Che vuoi che diciam dunque al cimitero,
dove la nonna tua sepolta sta ? –
E fuggìano, e pareano un corteo nero
che brontolando in fretta in fretta va.

Di cima al poggio allor, dal cimitero,

70 giù de’ cipressi per la verde via,
alta, solenne, vestita di nero,
parvemi riveder nonna Lucia.

0 nonna, o nonna! deh com’eri bella
quand’ero bimbo! ditemela ancor,

75 ditela a quest’uom savio la novella
di lei, che cerca il suo perduto amor !

– Sette paia di scarpe ho consumate
di tutto ferro per te ritrovare:
sette verghe di ferro ho logorate

80 per appoggiarmi nel fatale andare:

sette fiasche di lacrime ho colmate,
sette lunghi anni, di lacrime amare:
tu dormi a le mie grida disperate,
e il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.

85 Deh come bella, o nonna. e come vera
è la novella ancor! Proprio così.
E quello che cercai mattina e sera
tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

sorto questi cipressi, ove non spero

90 ove non penso di posarmi più:
forse, nonna, è nel vostro cimitero
tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggia la vaporiera’
mentr’io così piangeva entro il mio cuore;

95 e di polledri una leggiadra schiera
annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio*, rosicchiando un cardo
rosso e turchino, non si scomodò:
tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo,

100 e a brucar serio e lento seguitò.